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sempre sul Teatro Biblioteca Quarticciolo il contributo di Roberto Anglisani

Mi hanno invitato a fare i miei spettacoli in un teatro che non ho mai visto. È a Roma, si chiama “Teatro del Quarticciolo”.

Mentre mi dirigo a prendere il tram che mi ci porterà penso al nome del teatro, mi dà la sensazione di un posto piccolo, in qualche modo raccolto. Salgo sul tram e vado, il viaggio è lungo e mano a mano che mi avvicino al teatro, mi allontano dal centro, e  ora ai lati del tram scorrono palazzi popolari, e bar e giardini pieni di abitanti di questa meravigliosa città. Ora che mi allontano dal centro è come se tornassi in qualche modo verso casa. Io vivo a Milano e questi palazzi somigliano così tanto al quartiere di periferia dove sono cresciuto. Ecco sono arrivato, il quartiere è un vero quartiere popolare, nel senso che le persone che incontro per strada sono il popolo che vive questo quartiere. Le persone a cui chiedo informazione mi indicano il teatro e come si fa nei quartieri, per presentarmelo meglio me ne raccontano la storia. Era un mercato coperto mi dicono, penso che sia una bella idea utilizzare un mercato come teatro. Mi vengono alla mente la piazza di Marrakesh, Les Halles di Parigi, e mentre penso a quei luoghi me lo trovo davanti: il Teatro Quarticciolo. È come una piccola pietra preziosa incastonata fra i palazzi un po’ scrostati, come sono sempre i palazzi delle zone popolari, ma lui, il teatro, ha la facciata aperta, piena di dignità, sembra che sia orgoglioso di trovarsi lì, ci guardiamo e mi sembra già un luogo accogliente, che non mette soggezione. Entro, e dentro è proprio come vorresti che fosse un teatro, non è piccolo ma nemmeno grande da perdercisi. Il palcoscenico è al livello degli spettatori, si recita quasi in mezzo alla gente. Stasera penso, saremo vicini, li guarderò negli occhi, vedranno i miei occhi.

E mentre seduto, lascio che il teatro mi abbracci, penso al teatro tenda che era venuto nel mio quartiere a metà degli anni 80. Il mio quartiere stava alla periferia nord di Milano, la periferia dormitorio, droga, delinquenza e popolo che lavora e se ne va la mattina e torna la sera. Così il Piccolo Teatro di Milano decise di portare lì un teatro, in una tenda, come quella di un circo. Era un esperimento, la gente del mio quartiere non andava a teatro in centro, e allora il Teatro andava dalla gente. La tenda, con dentro i tecnici, il palcoscenico, le luci, era sempre aperta, e così succedeva che qualcuno passava, magari mentre andava a fare la spesa e infilava dentro la testa, e restava colpito da quella particolare atmosfera che si trova quando si entra in un teatro, e non serve una laurea per sentirla, basta un cuore. Allora la sera magari con la moglie, o il figlio piccolo, scendeva e andava a vedere il teatro. Non sempre c’era spettacolo, a volte gli attori provavano, o si scaldavano per lo spettacolo, e allora si vedevano madri di famiglia, un anziano, un padre col bambino piccolo, entrare e sedersi silenziosi sulle panche a guardare gli attori. In quei momenti era come quando il prete ti lascia entrare in sacrestia mentre si prepara a dir messa, è un momento carico di tensione, di aspettative e anche di un’emozione particolare che spesso per la gente normale è sconosciuta. Ma ora nel teatro del quartiere potevi conoscerla, viverla. E così cominciavi a familiarizzare col luogo e andarci la sera era più facile. Non servivano i vestiti adatti al centro, non dovevi prendere i mezzi che poi si fa tardi e il bambino è stanco, e lo devi portare in braccio. No il teatro è lì sotto casa, finito di mangiare, sparecchi e scendi.

In quel teatro tenda, mi sono innamorato del mestiere dell’attore, e mi sono innamorato di quel pubblico. Mi sono innamorato della gente che va a teatro, dell’essere umano che viene ad ascoltare una storia e vuole ridere e piangere, che viene a vedere un pezzo della vita degli uomini rappresentato, e forse uscendo penserà che la vita, nonostante tutto è proprio bella.

Torno seduto nella poltrona del Teatro Quarticciolo, i tecnici mi chiamano, si puntano le luci. Stasera tornerò a recitare nel teatro tenda del mio quartiere, racconterò la mia storia alla gente del Teatro Quarticciolo.

Roberto Anglisani



Roberto Anglisani ha presentato i suoi spettacoli a TBQ nel 2008 e 2009

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Commento da Sabina de Tommasi su 15 Luglio 2012 a 14:26

TBQ e scuola, di Patrizia Di Fabrizio

In quanti modi sono stata a teatro... in quanti teatri sono stata.

Ma c'è un teatro: il “Teatro Biblioteca Quarticciolo” che per me è il teatro delle emozioni, dove ho vissuto alcune delle diverse emozioni che il teatro dà.

Ma non voglio parlare di me. Voglio raccontare degli alunni, che per cinque anni hanno goduto della possibilità di frequentare il teatro.

Ogni volta che ho portato la classe a teatro ho provato una doppia emozione: ciò che accadeva sul palco e ciò che comunicavano i volti e i corpi degli alunni.

Alunni, che spettacolo dopo spettacolo, sono cresciuti diventando sempre più spettatori attenti ed esigenti.

Vorrei trasmettere la mia emozione quando un alunno mi ha detto che lui a teatro non ci era mai stato prima e che gli piaceva tantissimo.

Vorrei illustrare i volti rattristati di chi ha “perso” uno spettacolo che gli altri riferivano essere stato bellissimo.

Vorrei raccontarvi con quanta insistenza, tornati in classe, volevano esprimere la loro opinione, attenta e mai banale, sullo spettacolo appena visto.

Per questi alunni, di Centocelle, il teatro è il Teatro Biblioteca Quarticciolo.

Per me, come insegnante, è triste non sapere se anche i prossimi alunni a cui insegnerò possano avere il loro teatro “vero”, pubblico, di quartiere. Dove poter crescere tra arte e cultura.

                                                    Patrizia Di Fabrizio

Commento da Sabina de Tommasi su 15 Luglio 2012 a 14:18

TBQ e scuola, di Patrizia Di Fabrizio

In quanti modi sono stata a teatro... in quanti teatri sono stata.

Ma c'è un teatro: il “Teatro Biblioteca Quarticciolo” che per me è il
teatro delle emozioni, dove ho vissuto alcune delle diverse emozioni che
il teatro dà.

Ma non voglio parlare di me. Voglio raccontare degli alunni, che per
cinque anni ha goduto della possibilità di frequentare il teatro.

Ogni volta che ho portato la classe a teatro ho provato una doppia
emozione: ciò che accadeva sul palco e ciò che comunicavano i volti e i
corpi degli alunni.

Alunni, che spettacolo dopo spettacolo, sono cresciuti diventando sempre
più spettatori attenti ed esigenti.

Vorrei trasmettere la mia emozione quando un alunno mi ha detto che lui
a teatro non ci era mai stato prima e che gli piaceva tantissimo.

Vorrei illustrare i volti rattristati di chi ha “perso” uno spettacolo
che gli altri riferivano essere stato bellissimo.

Vorrei raccontarvi con quanta insistenza, tornati in classe, volevano
esprimere la loro opinione, attenta e mai banale, sullo spettacolo
appena visto.

Per questi alunni, di Centocelle, il teatro è il “Teatro Biblioteca
Quarticciolo”.

Per me, come insegnante, è triste non sapere se anche i prossimi alunni
a cui insegnerò possano avere il loro teatro “vero”, pubblico, di
quartiere. Dove poter crescere tra arte e cultura.

                                                    Patrizia Di Fabrizio

Commento da Massimo Talone su 6 Luglio 2012 a 15:40

La dimensione del teatro, quella umana, quella necessaria al pubblico, ma anche all'artista, quella che fa la differenza evidentemente, tra chi crede profondamente che il teatro sia una grande aula collettiva in cui scambiarsi attraverso lo spettacolo, impressioni, emozioni, elementi di riflessione e crescita ... insomma una dimensione dialettica e chi invece continua a credere che questi elementi non siano più necessari nelle vite delle persone, quindi anacronistici, costosi in una parola 'tagliabili', o peggio ancora siano portatori di dissenso e non di crescita... 

Mi sembra invece che molte piccole/gradi esperienze italiane oggi dimostrino che sono proprio questi spazi quelli che realmente servono e producono occasioni di crescita di una comunità.

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